C’è un tempo per ogni cosa: questo è un principio pedagogico fondamentale. I passaggi della vita vanno rispettati ed ecco allora qualche indicazione operativa per affrontare le sfide che il digitale ci pone per quanto riguarda i bambini più piccoli. Tra le tante indicazioni operative che sono state date ai genitori negli ultimi anni condivido pienamente quelle esposte recentemente dallo psichiatra, psicanalista Serge Tisseron ricercatore dell’Università di Parigi, ed esperto sulle relazioni dei giovani e delle famiglie con Internet.
Da 0 a 3 anni: schermi vietati
L’infanzia non ha bisogno di videoschermi, non ha bisogno di una realtà virtuale. Prima dei 3 anni un bambino necessita di sviluppare competenze interagendo con l’ambiente attraverso esperienze sensoriali che utilizzino tutti e cinque i sensi. Solo questa interazione esperienziale consente di sviluppare le proprie risorse neuronali. È stato dimostrato che anche solo una televisione accesa nella stessa stanza dove un bambino piccolo sta giocando ne disturba l’attività, impedendo di sviluppare quella capacità di concentrazione attentiva così importante per il suo futuro. Scrive Goleman:
L’attenzione – in tutte le sue varietà – rappresenta una risorsa mentale poco considerata e sottovalutata, ma che riveste un’importanza enorme rispetto al modo in cui affrontiamo la vita. […] ci mette in connessione con il mondo, plasmando e definendo la nostra esperienza. ‘L’attenzione’ scrivono i neuroscienziati Michael Posner e Mary Rothbart‘ ci fornisce quei meccanismi che stanno alla base della nostra consapevolezza del mondo e del controllo volontario dei pensieri e delle emozioni’ (D. Golemman, Focus, op. cit. p. 11 e 15).
Il touch screen non è una vera esperienza sensoriale: c’è una superficie liscia che attiva stimoli visivi. Molti studi documentano un rapporto diretto tra la durata dell’esposizione agli schermi e le conseguenze sull’attenzione di bambini e ragazzi. Un bambino piccolo che fruisce un’ora di TV al giorno, è a rischio di sviluppare deficit di attenzione due volte superiore a chi non la guarda (A. Oliverio, Nativi digitali. Non lasciamoli soli con i media, Vita e Pensiero, 2/2014). Occorre allora, soprattutto in questa fascia d’età, che i genitori curino i propri comportamenti. Non può funzionare il farsi vedere assorbiti dalla televisione, da un computer o da un telefono cellulare, magari talmente distratti da neanche accorgersi dei richiami dei figli. In quell’età i bambini sono molto inclini all’imitazione: se ci vedranno perennemente con in mano il telefonino ne vorranno uno.
Da 3 a 6 anni: il tempo delle regole
L’infanzia è il tempo delle regole che non sono imposizioni ma procedure educative per regolare il tempo e lo spazio comune. Mettiamo delle regole chiare, trasparenti, essenziali. È inutile sgridare i nostri figli perché passano le ore davanti ai videogiochi quando siamo noi ad averceli messi. Mettiamo la regola. La comunità scientifico-pedagogica internazionale su questo fronte è compatta: in questa fascia d’età mezz’ora di videoschermi al giorno è più che sufficiente, e l’accesso a internet è vietato. Questa è una fase importante per sviluppare alcune capacità collegate all’immaginazione o alla motricità fine e per implementare le competenze relazionali e sociali. È ora che si può imparare a litigare bene con successo, anche dopo è possibile, certamente, ma man mano diventa più difficile. Occorre privilegiare le esperienze dirette, la manipolazione, l’interazione relazionale. I bambini litigano? Certo! È quello il loro compito evolutivo. Imparare a stare insieme, ad accettare la frustrazione a far emergere le risorse creative di cui normalmente in questa età così plastica sono incredibilmente dotati. Non lasciate che si anestetizzino davanti ai video schermi, permettetegli di stare all’aria aperta, a contatto con la natura, di fare esperienze corporee e mentali nuove. Il loro futuro ne trarrà immenso vantaggio.